Il mio viaggio da Nomade Digitale alle Isole Canarie continua a Lanzarote. Nei giorni trascorsi in questo magico angolo di Mondo ho imparato a lasciarmi trasportare dall’istinto e dall’energia che queste terre emanano. Una mattina mi trovavo davanti al porto di Corralejo, a Fuerteventura, non avevo un tetto prenotato per la notte e Lanzarote mi ha chiamata. L’ho riconosciuta subito quella vibrazione, come quando ti viene la pelle d’oca sulle note di una canzone e chiudi gli occhi per farla ascoltare meglio al tuo cuore. Non ho dubbi: è Lanzarote che ti sceglie e ti attira a sé come una gigante calamita per l’anima. E io ho deciso di lasciarmi trasportare.
Le sette isole Canarie rappresentano i sette chakra, i principali punti energetici distribuiti nel corpo umano. Lanzarote corrisponde al chakra della corona o del “loto dei mille petali”, quello che ci mette in relazione con la nostra parte più interiore e spirituale. Questo l’ho scoperto dopo e allora tutto ha preso senso. Quella vibrazione mi stava dicendo che avevo bisogno di schiudere il mio essere e consapevolizzare il senso del mio viaggio. Noi siamo energia. Tutto ciò che respiriamo, viviamo, pensiamo è energia che scorre dentro di noi e da noi viene emanata. Vi posso solo dire che la scintilla c’è stata e l’energia di Lanzarote si è fatta spazio dentro di me accendendo tante piccole micce che se spero di continuare ad aver cura di alimentare.
Perché visitare Lanzarote
Lanzarote è la più orientale delle isole che compongono l’arcipelago delle isole Canarie, quella più vicina alla costa africana.
Scoperta da un italiano, il genovese Lanzerotto Malocello a cui deve anche il nome, è un mosaico di paesaggi e sfumature, vulcani e spiagge, montagne e saline, villaggi bianchi e percorsi sotterranei, scogliere e coni di lava secca. Una perla da ammirare, vivere e continuare a proteggere: dichiarata Riserva della Biosfera dal’UNESCO, il territorio di Lanzarote è per il 40% regolato da divieti per tutelarne la bellezza e l’unicità. La mia prima impressione è che qui la natura e l’uomo siano riusciti a stringersi in un abbraccio. Da un lato, una terra che si racconta attraverso le esplosioni causate dalle viscere del vulcano; dall’altro le mani piene di vita e creatività di César Manrique che sono riuscite a plasmare l’arida terra nera e bruciata. Eppure, in questa terra in perenne fibrillazione, c’è la vita… Anzi, le viti! Sembra impossibile che in una terra così aspra si possa produrre il vino. E invece questo sapore ricco di storia e tenacia accompagna il nostro viaggio a Lanzarote.
Lanzarote e la natura: benvenuti nell’isola del fuoco
Il nome originario di Lanzarote è stato tradotto come “quella bruciata”, visto che qui l’attività vulcanica iniziò già 11 milioni di anni fa. Nel corso dei secoli, numerose volte il terreno si è spaccato facendo sgorgare lava. “Il 1° settembre 1730, tra le nove e le dieci di notte, la terra si aprì a Timanfaya… e dal seno della terra sorse un’enorme montagna”, queste le parole del parroco Lorenzo Curbelo, testimone della catastrofe. Quell’eruzione, lunga sei anni, seppellì dieci villaggi e trasformò completamente Lanzarote dandole l’aspetto he conosciamo oggi. Quando la terra finalmente si calmò, un terzo dell’isola era ricoperto di lava e, in più, Lanzarote era cresciuta visto che la lava aveva riempito alcuni metri quadrati di mare. Si creò anche una nuova cittadina, Los Valles de Santa Catalina, in cui confluirono gli abitanti dell’ormai distrutto villaggio di Santa Catalina.
Il risultato è un paesaggio che sfiora il lunare, fatto di terra arida, polvere, brulle distese, crateri e scogliere a picco sull’oceano Atlantico, ma anche di terra viva, perché dove c’è vulcanismo c’è anche vita. Un’isola selvaggia abbracciata dall’oceano Atlantico, accarezzata dal vento sempre presente come il respiro di bimbo sul collo, baciata da un sole caldo caldissimo.
Lanzarote e l’uomo: l’arte di César Manrique
Quando sono arrivata a Lanzarote è stato come respirare una boccata di aria fresca dopo giorni di calura. Non mi riferisco letteralmente alle temperature, visto che sono pressoché identiche a Fuerteventura, quanto alla pace visiva e all’atmosfera elegante e delicata. A chi come me ama i piccoli borghi ricchi di vita e tradizioni, Lanzarote sa regalare un paesaggio di emozioni: casette basse e bianche decorate di bouganville e infissi color mare, il tutto stagliato su un terreno vulcanico che sa di potenza selvaggia.
Questo spettacolo di tonalità è frutto di una precisa scelta architettonica. La mente geniale dell’artista spagnolo César Manrique ha preservato e protetto Lanzarote e l’ha resa un’opera d’arte a cielo aperto. E l’ha fatto con linee guide per uno sviluppo urbanistico consapevole (vigenti ancora oggi) per salvaguardarne l’autenticità: le case possono essere solo bianche, di massimo due piani e le imposte vanno pitturate con i colori prestabiliti. Il rispetto per l’ambiente circostante è evidente: niente palazzoni, niente colori chiassosi, ma solo casette squadrate rigorosamente e candidamente dipinte. Bianco, azzurro, verde e nero: i colori con cui Lanzarote si racconta e riesce a trascinarci in un micromondo fatto di pace e tranquillità.
L’estro di César Manrique a Lanzarote non si è fermato allo sviluppo urbanistico e ha dato vita a diversi capolavori perfettamente integrati con il paesaggio vulcanico dell’isola, tra tutti il Jameos de Agua, Mirador del Rio, Giardino dei Cactus, Mirador de La Peña, Centro Commerciale di La Vaguada e il lago della Costa de Martiánez. Voleva dare un’identità precisa a Lanzarote, voleva incrementare il turismo: obiettivo raggiunto caro César Manrique!
Lanzarote e la resilienza: la coltivazione “impossibile” del vino
Ma come può l’isola del fuoco avere la maggior produzione di vino di tutte le Isole Canarie? E vantare anche alcuni tra i vini più pregiati al mondo? Per capirlo, dobbiamo fare un passo indietro e addentrarci nella storia di Lanzarote.
Dopo le grandi eruzioni, arrivarono carestie altrettanto terribili. Siamo nella regione di La Geria, dove si coltivavano principalmente legumi e cereali. Ma dopo i sei anni in cui il Timanfaya sputò lava senza sosta, quando gli agricoltori tornarono a vedere i loro campi, li trovarono completamente coperti dalla cenere vulcanica. Il paesaggio era completamente stravolto e l’unica cosa da fare era rimboccarsi le maniche e dimostrare la determinazione di cui gli isolani sono capaci.
La necessità acuisce l’ingegno, così gli agricoltori cominciano a scavare nella polvere fino a trovare la terra fertile un tempo paria delle ricche coltivazioni e provano a piantare un ceppo di vite. Gli sforzi vengono ripagati perché la vite dà i propri frutti e da qui inizia la storia del vino di Lanzarote. Proprio per questo motivo i vigneti di La Geria sono ancora dentro delle buche coniche a diversi metri di profondità (“viñedos en hoyo”), mentre i muri di pietre nere disposti a semicerchio proteggono la vite dal vento nutrendo il già spettacolare complesso architettonico dei vigneti.
E anche i lapilli vulcanici (picón) diventano fondamentali in questo ecosistema di resilienza, perché essendo particolarmente porosi assorbono l’umidità e la trattengono permettendo alla pianta di “irrigarsi” autonomamente. Il risultato è un vino molto minerale che regala un’esplosione di sapori in bocca, perché l’uva non viene infiltrata d’acqua e riceve ben oltre 2.500 ore di intensa luce solare all’anno. Grazie alla capacità dei trasformare un potenziale disastro naturale in una risorsa, i lanzaroteños sono riusciti a creare dei vini tra i migliori al mondo.
Se siete di passaggio per regione vinicola di La Geria noterete sicuramente il paesaggio fatto di grandi distese di terra nera, in cui spicca il vivace verde dei vigneti e sarete spinti a fermarvi in una delle bodegas per degustare e acquistare i preziosi vini di Lanzarote. Sarebbe bellissimo poter visitare questa zona durante la vendemmia (tra agosto e settembre): l’uva viene raccolta rigorosamente a mano e nella buca possono entrare solo due persone alla volta. Entrano nella parte destra del hoyo e per lo stesso percorso d’accesso devono uscire, in modo da impedire che si mischino gli strati di cenere vulcanica e s’interri il ceppo.
Informazioni pratiche su Lanzarote
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Come arrivare a Lanzarote
Potete raggiungere Lanzarote dall’Italia in aereo, in modo facile ed economico. Le principali compagnie low-cost che atterrano all’aeroporto della capitale Arrecife sono Ryanair (da Bologna, Milano-Bergamo e Roma Fiumicino), EasyJet (da Milano Malpensa e Venezia) e Vueling (da Roma Fiumicino con scalo a Barcellona).
Se siete già a Fuerteventura, potete raggiungere Lanzarote con un traghetto dal porto di Corralejo per Playa Blanca. Io ho viaggiato con la compagnia Lineas Romero pagando 35 euro il biglietto di andata e ritorno con data di ritorno aperta.
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Come muoversi a Lanzarote
Il mezzo ideale per muoversi a Lanzarote in totale autonomia è un’auto, che potrete prenotare in una delle diverse compagnie di noleggio dell’isola. Lanzarote è abbastanza piccola, in due ore potrete girarla tutta in macchina. L’importante è avere una patente di guida valida e avere almeno 23 anni. Vi consiglio le compagnie Payless e Cicar sia se arrivate in traghetto a Playa Blanca sia se arrivate in aeroporto, vista la mia esperienza negativa con Plus Car. I loro uffici, infatti, sono aperti fino alle 12 e negli altri orari non sono stati reperibili neanche per telefono!
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Dove dormire a Lanzarote
Per tutta la durata del mio soggiorno a Lanzarote io ho dormito presso la Finca Rural José Manuel. Si tratta di una casa rurale situata al centro di Lanzarote, a San Bartolomé, composta sia da camere che da appartamenti indipendenti. Qui mi è sembrato subito di respirare aria di casa, infatti proprio in queste stanze è cresciuta la famiglia di José Manuel. E come ogni padrone di casa, nonostante l’età lo potete vedere sempre affaccendato tra cura delle piante e piccoli lavori domestici. La struttura adesso è gestita dal figlio Alfonso, un ragazzo gentile e disponibile che vi farà apprezzare ancora di più il posto con le sue storie di famiglia e i suoi racconti sulla vita a Lanzarote. Se v’immaginate a fare colazione cullati dal canto degli uccellini, rilassarvi in una piscina riscaldata e raggiungere agevolmente ogni angolo dell’isola, questo è il posto che fa per voi! Piccola curiosità: José Manuel ha lavorato da giovane con il grande César Manrique e ci sono diversi elementi architettonici all’interno della finca che richiamano al sublime estro dell’artista.