Il Cammino di Santiago è una di quelle esperienze che ti cambiano davvero, in profondità. È un viaggio oltre il viaggio, una di quelle avventure che è difficile raccontare perché ci sarebbe così tanto da dire che quando i pensieri provano a prendere forma e trasformarsi in parole sembra perdano senso.
Così ho deciso di iniziare a raccontarvi quest’avventura dalle basi: le informazioni necessarie, scritte come io le avrei volute leggere prima di mettermi lo zaino in spalla!
Prima di partire per il Cammino di Santiago
Prima di partire avevo con me solo un sogno, un progetto, un’intenzione. Il Cammino di Santiago era solo un nome che per tanto tempo aveva stimolato la mia fantasia, un richiamo della strada, il desiderio di unire due puntini nello spazio con i miei passi e camminare verso una meta che era già in me, anche se non lo sapevo ancora.
Non so bene perché ho deciso di fare questo viaggio, così come non so perché non ho deciso di farlo prima. So solo che per la prima volta non volevo partire per evadere, ma per fuggire verso l’interno. Nessuna organizzazione fisica o mentale, nessuna pianificazione, nessuna esperienza di trekking. La mia parte razionale sembrava addormentava mentre i miei occhi si riempivano di gioia nei giorni precedenti alla partenza. Non mi sono posta neanche il dubbio se ce l’avessi fatta. Sono andata da Decathlon con una lista improvvisata su un tovagliolo, ho comprato un biglietto per Parigi nottetempo e ho infilato una guida ancora impacchettata nello zaino. Averla dentro lo zaino mi serviva per scongiurare la paura, quel “Non si sa mai” a cui tutti pensiamo prima di partire. Alla fine della guida non ce n’è stato stato bisogno, così come sarebbero stati inutili gli allenamenti fisici o le sessioni di meditazione che qualcuno mi aveva consigliato.
Che zaino portare al cammino di Santiago e cosa portare
La preparazione dello zaino esige una sapiente alchimia, che è diversa per ognuno. È un esercizio psicologico non indifferente pensare a ciò che è indispensabile nella propria vita. Se è prudente non appesantirsi troppo, è ugualmente importante non rischiare di trovarsi sprovvisti dell’essenziale nel momento in cui serve.
In linea generale:
- tutto l’occorrente per l’igiene personale
- asciugamano in microfibra
- borraccia da 750 ml
- un paio di infradito,
- sacco a lenzuolo/sacco a pelo,
- crema solare,
- cappello,
- sapone di marsiglia sia per il corpo e sia per il bucato,
- k-wai,
- tre cambi, una felpa e un paio di pantaloni lunghi.
Il resto è personale, se per me un libro e un taccuino erano d’obbligo, qualcun altro non potrebbe rinunciare ai tappi per le orecchie contro i russatori seriali! Ogni concessione al superfluo si paga in termini di fatica, di sudore, di rabbia… Come la mia reflex da 1,6 kg che ho insultato per 800 km ma poi si è fatta perdonare con un ricordo fotografico preziosissimo (più di 2mila foto)! Strada facendo mi sono resa conto di quanto il bagaglio sia la manifestazione materiale di una persona, addirittura mi sembrava di conoscere gli altri semplicemente guardando cosa portavano, cos’era essenziale ai loro occhi, di cosa non potevano assolutamente fare a meno.
L’esperienza del Cammino mi ha sicuramente insegnato a sbarazzarmi del superfluo, ho lasciato tanto di me per strada e l’ho messo felicemente a disposizione degli altri. In fondo, camminare è un atto che spoglia, che mette a nudo, e che ci ricorda l’umiltà e la bellezza della nostra condizione. L’unica cosa che dovete assolutamente portare insieme al vostro zaino sono dosi massicce di entusiasmo, sorriso, coraggio e buonumore!
Che scarpe usare per il cammino di Santiago
I piedi sono il cardine dell’impresa e le scarpe sono diventate col passare dei giorni le mie migliori amiche, quindi sceglietele con cura! Io sono andata sul sicuro con delle scarpe da corsa già usate da un paio di mesi, ma ho visto compagni di viaggio trovarsi benissimo anche con scarpe da fiume e sandali… Purché abbiate un’alternativa per le salite piuttosto scoscese che incontrerete. Sconsigliate le pesanti scarpe da trekking, soprattutto nei mesi estivi. Se sceglierete delle scarpe già rodate, come ho fatto io, vi accorgerete di come esse si adatteranno ai vostri “nuovi” piedi da camminatori… O forse saranno i piedi ad adattarsi alle scarpe!
È meglio fare il cammino di Santiago soli o in compagnia?
Dipende, sono due esperienze diverse! Partire per il Cammino di Santiago da soli vuol dire reinventare il percorso a misura del proprio corpo e del proprio respiro. Non si deve rendere conto a nessuno, né per dormire, né per mangiare, né per decidere di fermarsi un giorno in più in un paesino piuttosto che avanzare. Si sceglie di entrare nella solitudine a proprio piacimento e di uscirne quando si ha voglia, si sceglie se e quando far entrare un viandante nella propria storia personale, per chiacchierare o anche solo per dividere il silenzio dei sentieri. C’è chi pensa che la scelta del Cammino in solitaria sia più adatta a chi è alla ricerca di contemplazione e interiorità e considera la presenza di un compagno come un “disturbo”, perché obbliga alla parola. Come se in due si rinunciasse a una parte di sé per condividere l’esperienza, per il dovere di comunicare, con il rischio di assimilare la propria visione a quella dell’altro.
Per chi decide di percorrere il Cammino di Santiago in compagnia la prima grande regola è scegliere bene con chi partire. Qualcuno mi ha detto che dieci giorni di marcia insieme corrispondono a dieci anni di convivenza, verissimo: difetti e qualità sono esasperati e si snodano in rapida successione. Al di là di questo, secondo me, partire con un compagn* di viaggio non corrisponde esattamente a percorrere insieme il Cammino. Mi spiego meglio, pur attraversando gli stessi sentieri ed essendo esposti alle stesse realtà, i percorsi sono diversi perché l’anima di ciascuno si riflette nei luoghi che attraversa e viceversa. Così tutto è personale, come d’altronde è personale il passo. Anche se partite in compagnia, è giusto che ognuno mantenga la propria andatura, ascolti il proprio istinto e batta il proprio ritmo. Non prendetela come una mancanza di rispetto verso chi vi accompagna: concedersi una deviazione è il modo migliore per ritrovarsi alla fine del Cammino!
Da soli o in compagnia, la parola d’ordine del Cammino è condivisione. Durante il mio viaggio sono stata benedetta da contatti ogni giorno diversi, imprevisti, ciascuno espressione di una particolare dimensione del mondo. Il Cammino di Santiago, da un certo punto di vista, è un sentiero di parole, una raccolta di confidenze, una provvista di frammenti di storie di vita. Avete presente quando vi trovate a chiacchierare in treno con una dolce signora sconosciuta e improvvisamente le raccontate quel “segreto” che non avete mai detto neanche alla vostra migliore amica? Succede perché il fatto di non conoscersi e la consapevolezza che qualche ora dopo ci si separerà favorisce l’incontro, lo scambio, la confessione. I legami intrecciati la sera, l’indomani non saranno che un ricordo e allora, coperti dal mantello della fugacità dell’incontro, ci sentiamo sollevati dal dovere mostrare sempre la nostra maschera più rispettabile.
Il primo passo: come iniziare il Cammino di Santiago
La partenza tradizionale è da St. Jean Pied de Port, in Francia, alle pendici dei Pirenei. Se arrivate a Parigi, vi consiglio di prenotare online in anticipo il treno da Montparnasse a Bayonne (ho visto il prezzo variare da 64€ a 120€ in poche ore). Dopo 5 ore circa arriverete alla stazione di Bayonne, dove potrete acquistare il biglietto del treno per St. Jean Pied de Port (1 ora circa, €10,10). Ok, siete arrivati al punto di partenza. L’emozione si fa più forte ogni minuto che passa fino a diventare incontenibile… ma no, non potete iniziare subito il Cammino!
Cercate il centro di accoglienza di pellegrini, lasciate che il personale dissipi ogni vostro dubbio e ritirate la lista completa dei posti in cui potrete alloggiare durante il Cammino di Santiago. Al centro di accoglienza di pellegrini potrete anche ritirare la credenziale, il prezioso passaporto dei pellegrini, se non l’avete già richiesto inviando un’e-mail a centro.santiago@unipg.it.
Dove dormire durante il Cammino di Santiago
Preparatevi alla sensazione di sapere dove vi siete svegliati e non sapere dove dormirete la notte! Gli albergues (che non sono alberghi, piuttosto “ostelli” o “rifugi”) sono i luoghi che durante il Cammino di Santiago vi ospiteranno per la notte ma non sarà necessario (nè possibile) prenotarli in anticipo, anche perché non saprete fino a dove vi accompagneranno i vostri piedi quel giorno. Ci saranno giorni di Cammino più lunghi e giorni più corti, giorni di energia straripante e giorni di stanchezza lancinante. Con la lista degli albergues e delle distanze in mano deciderete di volta in volta se fermarvi o proseguire per quei km in più che vi separano dal prossimo hospitalero pronto ad accogliervi.
Non tutti gli albergues sono uguali, né per prezzo né per regole. In alcuni ci sono orari ben precisi in cui si spegne la luce e comportamenti inammissibili ma è buona norma comportarsi sempre come ospiti e non come clienti. In generale riuscirete a dormire con un budget che va dall’offerta libera (donativo) ai 10 euro a persona, naturalmente la condizione è avere la vostra credenziale pronta da mostrare. E se non c’è posto? La regola è “chi prima arriva, alloggia”. Se il posto è al completo e non avete le forze per andare avanti (come è successo a me a Zabaldica) potete dormire sotto le stelle 😉
Solitamente gli albergues municipali sono organizzati con letti a castello e camerate uniche, una cucina con stoviglie e gli ingredienti che altri pellegrini hanno lasciato e bagni condivisi. Quasi sempre troverete coperte a disposizione ma meglio avere il proprio sacco a pelo o sacco a lenzuolo, non si sa mai. Negli albergues privati ci sono anche camere singole o doppie e qualche servizio in più, ma il prezzo a notte sale.
Gionata tipo del pellegrino durante il Cammino di Santiago
I giorni di Cammino sono tutti diversi, dipende dal percorso, dal meteo, dalla condizione fisica e, non per ultimo, dalle decisioni che prenderete! In ogni istante sarete voi a fare le scelte e disegnare la vostra personalissima esperienza. Non è una bellissima metafora della vita? Ogni giorno volti e luoghi sconosciuti vi daranno accesso a una porzione della “biblioteca del mondo”: il viaggio è lo stesso per tutti, ma ogni pellegrino vi imprime il proprio senso in base alle scelte che compie in ogni momento.
La mia “giornata tipo” iniziava sempre nello stesso modo: un ammasso davanti agli occhi ancora assonnati fatto di carte, linee e colori da cui dedurre durata dei percorsi e affaticamento muscolare. Sapevo benissimo che pianificare non sarebbe servito a niente, ma era il mio modo di avere un obiettivo e tranquillizzare la mia mania di controllo. Non sono tornata cambiata, non in questo aspetto almeno, ma almeno in quei 28 giorni di Cammino ho imparato a conviverci ed accettarla. Un’altra abitudine che mi ha accompagnata durante tutto il percorso era la ricerca dei nomi. Mi ritrovavo spesso a chiedere il nome del prossimo villaggio, del fiume o della montagna che vedevo in lontananza: nomi che dimenticavo dopo 5 minuti, ma era il mio appiglio contro la stanchezza e lo sconforto! Ho imparato ad evitare soste troppo lunghe: i muscoli si raffreddano e ripartire poi è molto doloroso. Cercavo di “arrivare” nella mia destinazione sempre per pranzo, mi premiavo con un regalo (quasi sempre un gelato), facevo una doccia e lavavo a mano i vestiti che avevo indossato sperando sarebbero stati asciutti per il prossimo cambio d’abito. Mi rilassavo chiacchierando con i compagni di quel momento, leggendo o scrivendo, organizzavamo la cena o una passeggiata per la città (quando c’era una città!) e poi dritta a nanna.
Nelle quattro settimane di Cammino mi sono trovata ad attraversare città importanti come Pamplona, Burgos e Leon, ma anche villaggi minuscoli, dove anche un semplice negozio di alimentari era un miraggio. La parola d’ordine è “adattamento” e, fidatevi, presto diventerà un piacere. Ci si adatta a dormire in 20 in una camera, ci si adatta a mangiare anche pasti frugali, ci si adatta ad avere poca intimità, ci si adatta a non cambiare outfit, ci si adatta alla sveglia alle 5 del mattino, ci si adatta ad abitare ogni giorno un posto diverso e con persone diverse.
Cosa mi ha insegnato il Cammino di Santiago
I nostri piedi sono fatti per muoversi, da essi non spuntano radici. Per questo camminare è l’occasione di aprirsi al mondo e di vivere attraverso il corpo. Oggi ancora di più. In macchina in treno o in aereo non si vede l’ora di arrivare; in Cammino, invece, si sperimenta il piacere di andare, dimenticando la fretta che governa la nostra vita. E allora i concetti di tempo e spazio si reinventano. Sottrarsi agli imperativi della fretta, dell’efficienza e della totale disponibilità per il lavoro o per gli altri vuol dire riprendere fiato e allora si ha come la sensazione di percepire la leggerissima vibrazione del tempo che nella vita ordinaria è sempre coperta dall’urgenza del fare.
Anche il silenzio, che oggi consideriamo intollerabile quasi quanto la perdita di tempo, cambia aspetto. Ho compreso che non è la scomparsa dei suoni che fa il silenzio, ma la qualità dell’ascolto. Mentre origliavo l’incessante brusio dell’universo, mi sono accorta che il silenzio non è mai uguale da un giorno all’altro. E non è neanche assenza di rumore, il silenzio ha uno spessore che avvolge le cose e cambia a seconda delle ore, dei giorni e delle stagioni. Era stupendo perdermici quando ne avevo voglia, perché, ancora una volta, era una mia scelta e quando non mi andava, cantavo!
Canti di strada, canzoni popolari, strofe imparate in lingue incomprensibili… La musica è senza dubbio una compagna di Cammino. A volte assume i tratti di un’arma contro la paura di non avere nulla da dire, altre volte prende le forme di un antidoto contro la fobia del silenzio, altre volte ancora diventa l’equivalente sonoro del bastone. Ero così convinta che cantare dissolvesse le asperità del viaggio, che ho anche composto una canzone che cantavo a squarciagola! Più che una canzone forse è una filastrocca, ma la intono (?) ancora oggi quando sono in difficoltà e ho bisogno di tenere alto il morale.
Provo ogni giorno a non dimenticare le lezioni che mi ha dato il Cammino, come la meravigliosa arte di percepire la realtà con la piena partecipazione di tutti i sensi. Se chiudo gli occhi posso ancora sentire il sapore di quel sorso d’acqua fresca che esplode in bocca dopo ore di scarpinata sotto il sole ardente. Oppure la gioia di quelle sere di effimera fratellanza con perfetti sconosciuti, quando la stanchezza e il vino rendevano la lingua più sciolta e dei momenti di assoluta ordinarietà si trasfiguravano completamente, assumevano forme del tutto nuove e speciali. Oppure ancora la preziosa abilità di sapersi ascoltare. “Quando sei stanca, fermati; quando hai fame, mangia; sii presente a te stessa, sii semplice e sii sveglia”, mi ha detto un giovane sconosciuto con cui ho condiviso qualche ora di Cammino. Che lezione più importante poteva darmi?